L'INSICUREZZA STRADALE, OGGI

Da anni il tema della sicurezza stradale è al centro dell’attenzione dei media, anche se non sempre in modo del tutto congruo. Il Global Status Report on Road Safety dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2009) segnala un numero di decessi mondiali annui pari a 1.3 milioni, con circa 50 milioni di feriti. Nel 2030, l’incidente stradale diventerà la quinta causa di morte nel mondo (era la nona nel 2004).

Non v’è giorno che non si conti una carneficina di morti, feriti, invalidi e danni per un ammontare di circa 33 mld/anno in Italia e 775 in Europa. Il fenomeno ha assunto le caratteristiche dell’emergenza europea in cui la dimensione italiana è tassello parimenti allarmante e, malgrado questo, le nostre Istituzioni si sono rivelate indifferenti ed insensibili nei fatti.

Rendere la Sicurezza Stradale problema centrale della cultura e dell’agenda politica significa prendere atto di una problematica che ha diverse cause. La prima è quella socio-economica, la seconda il fenomeno del massiccio inurbamento, la terza è la dimensione umana data la carneficina continua che accade senza che si scuotano le coscienze. Ma il problema viene sempre affrontato con superficialità, con cascate di dati statistici, senza una dimensione epidemiologica, e soprattutto senza incidere sulle vere cause. Un bombardamento mediatico che spesso è privo di scientific assessment e rigore interpretativo.

IL RAZIONALE SULLA SICUREZZA STRADALE

Sviluppare quest’argomento è compito reso difficile dalla sua drammaticità che sta nei numeri da bollettino di guerra. Ma oltre i numeri vi è ben altro. In Italia contiamo 4900 morti e 360 mila tra feriti ed invalidi, 15 decessi al giorno, il cui costo si aggira sui 33 mld di euro, 550 euro a testa/anno. In Europa nel decennio 1995-2004 10 milioni di feriti, 500 mila decessi, 775 mld di euro. In termini di ripartizione tra costi diretti (ospedalizzazione, danni alle cose, costi assicurativi ed amministrativi, etc.) e costi indiretti (decessi, invalidità temporanee e permanenti, degenze, assenze lavorative, etc.), si verifica che i primi costituiscono il 76.2% del totale, mentre i secondi rendono conto del restante 23.8%.

Tuttavia anche queste cifre sembrano sottostimate: l’OMS stima nel +26% l’errore statistico; il Comune di Bologna segnala dati incrociati che indicano una sottostima del -36%. Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, nota n.19, riferisce di oltre 8100 decessi nel 2001. Un aspetto importante è l’analisi del fenomeno dell’incidentalità stradale a livello provinciale, nazionale ed internazionale. Le 54 province con minore incidentalità si collocano nell’area Centro-Settentrionale del Paese che tuttavia presenta una maggiore incidentalità urbana. Nel gruppo si concentrano i principali centri urbani del Nord e del Centro ed alcune province del Sud.

Le province a più elevata incidentalità (17 province), in cui la mortalità per incidente stradale risulta quella massima riscontrabile sul territorio nazionale, raggruppa il 20% delle province del Centro ed il 38.2% di quelle del Sud, mentre non vi appartengono province del Nord;

Un altro aspetto è costituito dall’approfondimento sulle tecnologie per la sicurezza degli autoveicoli, in funzione dell’andamento dell’incidentalità stradale. Specie la ricerca dell’Industria dell’Auto Italiana ha contribuito in modo determinante all’innovazione che il mercato richiedeva, come l’applicazione al motore diesel del common rail. Tuttavia i problemi si sono rivelati di ordine politico-burocratico. La normativa attuale, tra cui la legge-delega al governo 85/2001 composta da 50 articoli, è stata poi ridotta a soli 19 ed in prima istanza prevedeva obbligatorietà per ABS, air-bag, avvisatore acustico di velocità e di cinture, invece ci si è ridotti al dispositivo di accensione dei fari e velocità massima. Nessun riferimento alla performance del guidatore ed alla sua idoneità psico-fisica. Un esercito di pazienti che guida: qualche esempio, 3 milioni di asmatici, 3 milioni di diabetici, alcuni milioni di ipertesi ed infine le stragi del sabato sera e l’alcol passivo .

D’ora in avanti non potremo più sviluppare questo argomento con le statistiche fredde e sommarie ma dovremo inscriverlo in un contesto più ampio. Vanno considerati alcuni punti cardinali quali il livello delle infrastrutture, primo caposaldo, che non può prescindere dal mercato del lavoro, dai livelli di occupazione, ripartiti in grandi macroaree Nord-Centro-Sud. In questo contesto si inscrive anche il secondo caposaldo, la qualità del prodotto automobilistico, malgrado l’attuale crisi delle Compagnie. Infatti solo un’Industria evoluta potrà fornire risposte concrete al mercato ed al consumatore. Resta poi il terzo caposaldo, la qualità del guidatore, la sua idoneità psico-fisica, oggetto di ricerche-pilota in Germania ed Italia, grazie al nostro Ego-Vai-Q.

Una particolare attenzione va posta sulle normative Europee del tutto disattese in Italia. Come vedremo in seguito, uno dei target di questo Volume è l’introduzione del divieto di fumo in auto, che è già presente nella legislazione del Regno Unito. Per ultimo, poiché questo coacervo di problemi sociali, economici, finanziari, industriali e di ricerca richiede un giusto approfondimento proponiamo, anche da questo Volume, una Conferenza Programmatica su un Progetto integrato di Salute sociale e delle Infrastrutture che possa essere prioritaria nell’agenda politica delle prossime legislature.

A.F.